La psicosomatica: che cos’è?

Per definire il concetto di psicosomatica bisogna far riferimento, come suggerisce la parola stessa, al concetto di mente e di corpo. Infatti, sembra proprio che il termine psicosomatica si riferisca all’interazione tra mente e corpo, tra ciò che è mentale, psichico e il corpo, cioè a ciò che è corporeo. Sembra proprio che questi due concetti siano uniti intimamente: non si riesce a definirne uno senza definire l’altro (Blanco, 1984).

A livello filosofico e ormai molto nota la questione del dualismo nel pensiero occidentale: nato con la filosofia greca e culminato nella formalizzazione teorica di Cartesio, secondo cui i meccanismi che governano il corpo sono diversi dai meccanismi che governano la mente (Porcelli, 2009). Questo non significa che il dualismo tra mente e corpo sia sempre negativo, ma che porta con sé dei limiti strutturali. Molte ricerche ormai sostengono che disturbi psichiatrici (Lett et al, 2004; Denollet, 2000; Ranjit et al, 2007) siano fattori di rischio per l’insorgenza, ad esempio, di patologie cardiovascolari. È come se oggi, per poter definire una patologia fisica dovessimo parlare di un costrutto psicologico, come, ad esempio lo stile di vita (Porcelli, 2009).

In quest’ottica tutte le patologie che una persona può incontrare nella sua vita hanno una radice somatica e una psichica ovvero nessuna patologia è eminentemente e unicamente psicosomatica.

In pratica, ciò che viene richiesto è di superare, in una sorta di sfida, quelle categorie dualistiche che fanno così parte del nostro essere e del nostro parlare per cercare una integrazione multifattoriale di casualità secondo cui le singole patologie sono dovute a una interazione contemporanea e reciproca di una serie di fattori (biologici, psicologici, sociali, ambientali e relazionali). Il legame causa-effetto, da questo punto di vista, risiede in tutte i fattori analizzati e non ne è peculiare per nessuno (Porcelli, 2009).

 

ll “linguaggio mitico” del corpo

Il linguaggio spesso traduce ciò che il nostro pensiero esprime come dinamiche interne alla nostra mente. Le categorie dicotomiche finora osservate traducono, quindi, una visione psicologica ella salute e dello stato di malattia della persona. spesso, infatti, si accusano gli operatori sanitari di parlare un linguaggio incomprensibile che non è solo una difesa da parte dell’operatore, ma tradisce anche un modo di vedere la malattia come una alterazione puramente somatica, mentre spesso, la persona in stato di malattia vuole sentirsi assistita da più punti di vista e sotto diversi aspetti.

In altre parole, ci mancano gli strumenti per poter vedere l’oggetto unitario mente – corpo, ma le categorie che possediamo ci consentono solo di poter osservare il suo dualismo.

È interessante notare come nella Grecia preomerica non vi fossero parole per distinguere il fenomeno somatici dal fenomeno psichico o mentale (Shell, 1963). Infatti, nella lingua greca non ci sono termini univoci per designare corpo e mente, ma una serie di vocaboli che indicavano aspetti relativi al corpo e aspetti relativi alla mente. “Soma” indicava il corpo del cadavere, mentre “demas” indicava il corpo in senso di struttura fisica. Il termine psiche, invece, indica quell’attributo peculiare dell’essere in vita, cioè il respiro, mentre “thymos” era riferito a quell’organo o apparato che faceva muovere i muscoli e donava al soma un’altra caratteristica tipica della vita, il movimento. Un altro termine veniva utilizzato per indicare quella caratteristica della mente di vedere chiaramente, cioè di rappresentare chiaramente un oggetto, il “noos” (Snell, 1963).

Da questa terminologia utilizzata nella Grecia antica si può comprendere come il linguaggio, rappresentazione metaforica di un modo di pensare e rappresentare la realtà, i singoli vocaboli indichino solo una parte del corpo o della mente come se fosse impossibile contenerne tutto il mistero in una parola sola. Le parole piuttosto rappresentano delle caratteristiche di quel sistema unitario che è il corpo unito alla sua mente (Porcelli, 2009).

 

L’ipnosi nel trattamento dei disturbi psicosomatici

Quando in una persona si sviluppa uno stato di trance ipnotica si possono produrre una serie di fenomeni sia fisici che psichici. I più frequenti si manifestano in quella serie di operazioni che mette in atto l’ipnotista e che generalmente vengono identificate come “manovre induttive”. Questi fenomeni riflettono la capacità del soggetto di rispondere in maniera adeguata a quelle suggestioni che l’operatore ipnotista suggerisce nello stato di trance e che egli accetta (Mosconi, 1993). Il tutto quindi si ascrive a quel particolare tipo di rapporto tra operatore e paziente che è il “rapport”. Senza il rapport non può esserci fenomenologia utile, sia somatica che psichica.

I fenomeni psichici, infatti, sono il frutto di una dissociazione di legami dell’IO che permette al soggetto di realizzare quelle correzioni o distorsioni di informazioni che permettono la progressione verso l’obiettivo terapeutico concordato (Mosconi, 1993).

Certo, non tutte le manifestazioni fisiologiche che possono essere prodotte durante lo stato di veglia sono da attribuire necessariamente all’ipnosi (Erickson, 1986). Molte persone, infatti, attraverso tecniche di bio-feedback o di allenamento possono influenzare le manifestazioni di importanti funzioni di per sé fisiologiche che, non per questo, sono ascrivibili allo stato di modificazione della coscienza tipiche della trance ipnotica.

La cosa importante da sottolineare è che con l’ipnosi e, attraverso un training ipnotico, si possono recuperare delle abilità che il corpo ha perso dal punto di vista filogenetico, come il movimento di alcuni gruppi muscolari attigui anatomicamente. Questo tipo di attività di apprendimento è comune nel training ipnotico per il parto (Mosconi, 1987; 2008).

La letteratura scientifica sembra concorde nel dire che l’ipnosi è efficacie nel trattamento delle malattie psicosomatiche proprio perché agisce a livello somatico e a livello psichico contemporaneamente, permettendo di raggiungere, dopo un adeguato trattamento psicoterapeutico, gli obiettivi concordati.

 

Bibliografia

Blanco S. (1984) Trattato di medicina psicosomatica, Firenze, USES.

Dennolet J. (2000). Tipe D personality. A potential risk factorrefined. “Journal of psychosomaticresearch”, 49, pp. 255-266.

Erickson M. H. (1986) La comunicazione mente-corpo in ipnosi. Roma, Astrolabio.

Lett H.S., Blumenthal j. A., Babyak M. A., Sherwood A., Strauman T., Robins C., Newman M. F. (2004) Depressionas a riskforcoronaryarterydisease: evidence, mechanism and treatment. “Psychosomatic Medicine”, 66, pp. 738-750

Mosconi G. (1987) Training ipnotico. Istruzioni per l’uso nella preparazione al parto. Padova, Piccin.

Mosconi G. (1993) psicoterapia ipnotica. Principi fondamentali. Padova, Piccin.

Mosconi G. (2008) Ipnosi neo-ericksoniana: la psicoterapia e il training ipnotico. Milano, Franco Angeli.

Porcelli P. (2009) Medicina psicosomatica e psicologia clinica. Modelli teorici, diagnosi, trattamento. Milano, Raffaello Cortina Editore.

Ranjit N., Diez-Roux A. V., Shea S., Cushman M., Seeman T., Jackson S. A., No H. (2007) Psychosocialfactors and inflammation in the multi-ethnic study for atherosclerosis, Archives of Internal Medicine, 167, pp. 174-181.